giovedì 29 dicembre 2011

PRIVATIZZIAMO LA RAI

COMUNICATO STAMPA


Milano, 27 dicembre 2011
TEA PARTY ITALIA: PRIVATIZZIAMO LA RAI
La soluzione per abbattere il canone non può essere l'evasione, ma una sana privatizzazione dell'azienda

Tea Party Italia accoglie con grande entusiasmo la proposta del direttore di Libero, Maurizio Belpietro, che nell'editoriale di martedì 27 dicembre propone un modo per smettere di versare il canone alla RAI, rilanciando la proposta del 23 dicembre di Maria Giovanna Maglie. Poiché in materia fiscale, purtroppo, non si possono promuovere consultazioni popolari, Belpietro spiega come aggirare il problema, abrogando cioè gli articoli della legge del 1975 in cui si affidava alla Rai il servizio pubblico che ad oggi non sta svolgendo.
Il Tea Party Italia ha da sempre nel suo programma la privatizzazione della RAI. Per il Portavoce Nazionale, Giacomo Zucco “la proposta di Libero è un ottimo inizio e già la provocazione della Maglie di venerdì 23 dicembre ("Basta canone") era stata ben accolta dai nostri attivisti con numerose mail inviate all'indirizzo della redazione per sostenere questa causa”. L'idea alla base del referendum si limita a togliere alla RAI il servizio pubblico, l'obiettivo su cui Tea Party Italia si concentra sula privatizzazione integrale dei 3 canali.
Conclude Zucco "nessun servizio è utile se non è scelto liberamente dal cittadino. Ogni azione concreta contro lo stato attuale dell'informazione targata RAI e dello spreco di soldi pubblici che comporta, avrà il nostro sostegno".

Info:
Elisa Serafini, Pubbliche Relazioni e Media

martedì 27 dicembre 2011

Chi guadagna sovversivo è …


di Mauro Gargaglione

Il termine 'eversione' evoca trame, organizzazioni che agiscono nell'ombra, attentati, rapimenti, stillicidio di omicidi mirati. A chi ha attraversato gli anni piombo (all'epoca ero uno studente liceale), tornano alla mente i titoloni sulle 'trame eversive' rosse o nere e sui servizi deviati.

'Sovvertire' lo stato viene inteso da tutti come l'atto di abbattere violentemente le istituzioni esistenti. In realtà se ci pensiamo bene non si tratta di abbattere le istituzioni quanto di sostituire coloro i quali ne sono alla guida con lo scopo di orientare in maniera diversa il rapporto stato/individuo.

Oggi a nessuno verrebbe in mente di sostenere che lo stato italiano sia soggetto ad una minaccia eversiva paragonabile a quelle che abbiamo dovuto affrontare nel recente passato. Pur nel malcontento diffuso e nella credibilità delle istituzioni repubblicane ridotte ai minimi termini, non si avverte quell'aria di rivoluzione e di violenza dei cupi anni 70. Soprattutto non si vedono folle di epigoni di questa o quella ideologia predicare nelle scuole, sui giornali sulle strade la necessità di ribaltare la forma dello stato. 

Esiste oggi un messaggio eversivo anche solo lontanamente paragonabile ai disegni di ‘quei formidabili anni’?
Credo di sì, e ha una carica eversiva dirompente, MENO TASSE! Semplice semplice, MENO TASSE. Niente massimi sistemi, niente sociologia, niente filosofia, nessun bisogno di dotte disquisizioni o sedicente kultura a base di tomi incomprensibili e barbosi. Niente che un ortolano, un benzinaio o un imbianchino non possa capire. MENO TASSE.

Ma perchè queste due semplici paroline dovrebbero rappresentare una bomba eversiva? Che c'entra il gretto desiderio di avere più soldi in tasca con la sovversione dell'ordine dello stato? Per capirlo bisogna rispondere a questa domanda. Qual è il vero carburante dei mille mazzettari, dei mille e mille burocraticchi con potere di firma messi in quel posto per gestire le mille e mille leggine e regolamenti a cui i cittadini devono richiedere il permesso pure per cambiare le piastrelle del bagno?

Gendarmi, finanzieri, funzionari, messi comunali, incaricati di questo o quell'ufficio che bisogna saper dribblare per vivere. Commercialisti, tributaristi, fiscalisti, consulenti, unici depositari della capacità di interpretare, applicare, aggirare centinaia e migliaia di disposizioni di legge che fanno di un cittadino un 'colpevole' a prescindere. Che cosa nutre questo allucinante stato leviatano obeso e ottuso sotto il quale bisogna evitare a tutti costi di finire stritolato? LE TASSE! Più si riducono più la bestia soffre e più è obbligata a dimagrire.

Ovviamente il mostro è ottuso e scoordinato nei movimenti ma ha un enorme istinto di conservazione e riesce a mettere in atto efficaci strategie perchè non venga mai diminuito l'apporto calorico che fa di lui quel che è. Quindi elabora una serie di concetti e comportamenti con cui assicurarsi il pasto. Concetti quali il senso civico, l'orgoglio patrio, il bene comune (buono, contro l'interesse del singolo che è egoistico), l'obbedienza alle leggi spacciata per giustizia, il prelievo di enormi quantità di ricchezza nel nome della tutela delle fasce deboli, per mantenere invece intere regioni e culture nello stato di pigrizia mentale e fornendogli il necessario per vivere in cambio di consenso politico. E ancora, il mito della democrazia, spacciata come fine invece che essere solo un mezzo al servizio della Libertà. Democrazia che viene ossequiata  e celebrata a oltranza (ma solo fino a pagina due, chè non sia mai che si abusi dei referendum i quali van bene solo per la caccia al fringuello, non certo per l'ingresso in Europa o l'entrata in guerra, ops!, nelle missioni di pace). O anche, il mito dell'evasore che 'se tutti pagassero pagheremmo meno' (ma quando mai s'è visto). La liturgia dell'unità d'Italia, che ha sloggiato il vecchio messale della resistenza e dell'antifascismo (buono per la spranga di Capanna ma ormai obsoleto).

Tutto questo solo per, e con le TASSE.

Trovo perciò ‘MENO TASSE’ sommamente eversivo.
Si spiega quindi che lo stato si adoperi al massimo delle sue forze con leggi e controlli sempre più serrati e soffocanti perchè questo non accada. Che non si faccia alcun problema a fare carne di porco dei più elementari principi del diritto per cui è chi accusa che deve provare la colpevolezza dell'accusato e non il contrario. Che sia arrivato a cooptare un consiglio di amministrazione di banca a decidere delle nostre vite.

Tutto ciò forse l'imbianchino, il mobiliere e i suoi operai o il padroncino camionista non lo immaginano. Vorrebbero solo qualche soldo di più in tasca e che diminuissero le accise sul gasolio. Sono sovversivi senza kalashnikov, e sono molti di più dei pazzi assassini ubriachi di Marx o dei nostalgici del mascellone. Ora dopo quarant’anni posso dirlo, sono sovversivo anche io.

martedì 20 dicembre 2011

MONTI NON È DISPERATO, MA L'ITALIA ADESSO SÌ



COMUNICATO STAMPA

Milano, 16 dicembre 2011

MONTI NON È DISPERATO, MA L'ITALIA ADESSO SÌ
Una manovra fatta di tasse, senza riforme, senza tagli alla spesa. Senza coraggio e senza visione.
Peggio di così non era possibile.

Tea Party Italia prende atto, con notevole sconcerto e preoccupazione, che una maggioranza bulgara e bipartisan dell'attuale parlamento ha acconsentito, votandola, una manovra i cui effetti saranno inevitabilmente depressivi per tutto il nostro sistema economico.
Dichiara Giacomo Zucco, Portavoce nazionale del movimento: "Siamo certi che i parlamentari che oggi hanno dato il loro consenso a questi provvedimenti avranno seria difficoltà ad ottenere nuovamente quel consenso e quella fiducia popolare che ha permesso loro di essere eletti. Apprezziamo il gesto di tutti coloro che, vicini al Tea Party, non hanno votato la manovra".
L'impianto del provvedimento si basa drammaticamente non sui rimedi ma su quelle che sono con tutta evidenza le cause principali della gravità della situazione in cui versa l'Italia: una pressione fiscale ormai insostenibile ed una sostanziale assenza di provvedimenti seri che pongano un argine ad una spesa pubblica fuori controllo. Da parte di questo esecutivo, imposto dal Presidente della Repubblica e non votato dai cittadini, manca qualsiasi reale intento riformatore.
La debolezza del provvedimento si constata inoltre nell'assenza delle liberalizzazioni necessarie in moltissimi settori, fra cui quello degli ordini professionali per le quali il governo Monti rappresentava a detta di molti, l'attesa discontinuità. Il risultato è una triste genuflessione allo status quo.
I Tea Party italiani continueranno a battersi in tutta Italia contro la deriva statalista del nostro paese e contro un fisco sempre più oppressivo ed invadente. Conclude Giacomo Zucco: "La proposta di riforme che abbattano la spesa e riducano le tasse non è più un'opzione fra le tante ma è la necessità primaria del nostro paese. Chi non va in questa direzione ci porterà inevitabilmente alla rovina".

lunedì 19 dicembre 2011

Aforisma contribuente

"Il contribuente è una persona che lavora per lo Stato, ma non ha dovuto vincere un concorso pubblico" (1984).

Ronald Reagan

giovedì 15 dicembre 2011

Tea Party Italia sulla prima pagina di Libero

Vi segnaliamo con orgoglio l'articolo di Libero, prima pagina, che cita il Tea Party Italia
 
Libero 1° pagina, a firma di Maria G. Maglie: 
"Lanciamo un bel movimento tosto contro le tasse inique, che incatenano la nostra vita e bloccano l’economia del Paese. Su Libero siamo pronti e abbiamo da perdere solo le nostre catene.  È più serio e più importante di qualunque lamentazione sulla casta, che è quel che è e se continua così si autodistrugge, è un sentimento profondamente condiviso, una rabbia vera e giusta. Facciamolo con quelli del Tea party Italia, diamogli una mano,  from the roots, dalle radici del Paese". 


 

lunedì 12 dicembre 2011

MISERIA E RECESSIONE: LA MANOVRA DI MONTI CI RENDERÀ TUTTI PIÙ POVERI

Milano, 5 dicembre 2011

MISERIA E RECESSIONE: LA MANOVRA DI MONTI CI RENDERÀ TUTTI PIÙ POVERI
20 miliardi di nuove tasse: chi voterà questi decreti si assume la responsabilità di portarci alla rovina


Il movimento Tea Party Italia, che si batte contro l'eccessivo carico fiscale del nostro paese, si dichiara sconcertato e preoccupato da quella che definisce una manovra ingiusta, incompleta e dagli effetti recessivi. "La manovra è un concentrato della solita politica irresponsabile e vessatrice - dichiara il portavoce nazionale Giacomo Zucco - e lo dimostrano l’aumento folle della tassazione sugli immobili (prima casa inclusa), l’aumento delle addizionali regionali, l'ennesimo aumento delle accise sul carburante, la preparazione per un ulteriore aumento dell’IVA e l’aumento della tassazione sugli strumenti di risparmio e investimento”.
“Si potrebbe pensare che questo sia il prezzo politico imposto dal governo Monti per riforme risolutive dell'emergenza-debito in cui ci troviamo ma non è così: lo stock di debito non viene ridotto, la crescita non viene incentivata. Più che una manovra Salva-Italia la definiremmo una manovra Rovina-Italia."
Tea Party Italia crede che in tempi di crisi si debbano applicare misure che tendano ad alleggerire il peso dello stato nella vita delle persone non ad aumentarlo. La strada per la crescita è diminuire una spesa pubblica insostenibile ed alleggerire il peso delle tasse, non il contrario. Al fine di evitare la recessione sarebbe doveroso lasciare più soldi nelle tasche dei cittadini, non svuotarle come si accinge a fare Monti.
Quello che propone questo governo tecnico va nella direzione opposta alla crescita, portando soltanto ulteriori nuove tasse, in un sistema già ampiamente vessato come quello italiano, e conseguente miseria. Conclude Giacomo Zucco: "Chi non avrà vergogna di votare questa manovra si assumerà la responsabilità davanti a tutti i cittadini di portare l'Italia alla recessione".

Elisa Serafini
Resp. PR e media 

martedì 6 dicembre 2011

Non avrai altro Dio all’infuori dello Stato

Intervista a Carlo Lottieri

di Luciano Capone
 


Può sembrare assurdo pensare che lo Stato moderno sia una religione. Se leggete Credere nello Stato? – teologia politica e dissimulazione da Filippo il Bello a Wikileaks di Carlo Lottieri, vi ricrederete. Anzi, è probabile che diventiate apostati della “forma più sofisticata e potente di dominio dell’uomo sull’uomo”. Non a caso in copertina c’è l‘effige dell’incoronazione di Bokassa, massima manifestazione della signoria antropofaga dello Stato. Il filosofo libertario in maniera semplice ed efficace, pur trattando temi astratti e complessi, va alla ricerca della legittimazione dello Stato e prova a separare il destino del liberalismo da quello del potere istituzionalizzato e centralizzato.
Quindi, Professore, i termini “religione civile”, “Bibbia laica” (riferito alla Costituzione) o “patriottismo costituzionale” non sono un mero artificio retorico. Per lei davvero lo Stato si considera una religione?
Lo Stato è un’entità moderna ed europea che ha avuto bisogno di poggiare su fondamenta metafisiche. Gli apparati politici della modernità sono riusciti a usare il cristianesimo quale strumento di legittimazione e, in una seconda fase, se ne sono liberati per affermarsi essi stessi come divinità. In linea di massima si pensa che il linguaggio para-religioso, o in qualche caso anche esplicitamente sacrale, che è impiegato dagli uomini di Stato e da molti intellettuali schierati a difesa delle istituzioni moderne, rinvii a similitudini. Non credo, e non si tratta neppure di lapsus. Lo Stato non può accontentarsi di disporre dei nostri soldi e delle vite perché, se non dispone anche delle nostre anime, rischia di perdere tutto.
Già un autore come Carl Schmitt aveva parlato di “teologia politica”. Vuol dire forse che la secolarizzazione in realtà non è mai avvenuta? Dietro ogni concetto politico c’è sempre la prospettiva della fede?
Per Schmitt, e penso che avesse ragione, il processo moderno di secolarizzazione, non conduce verso un’età in cui nessuno non crede più a nulla. In realtà apre la strada a nuovi credo e, in particolare, al trionfo del Dio-Stato. La politica finisce per togliere spazio alle comunità religiose, alle tradizioni, alle famiglie e alle imprese, ma questo esito non sarebbe comprensibile se non cogliessimo come il Potere moderno realizzi una forma di mimesi del Dio cristiano: se Dio è eterno, lo Stato si vuole perpetuo, se Dio è creatore lo Stato si rappresenta quale sovrano.
Sono esistiti Stati che imponevano l’ateismo (nei paesi comunisti) o anche una forma di “religione dello Stato” (la Francia rivoluzionaria). Ma oggi in Occidente esiste la libertà religiosa, come fa a dire che lo Stato è una religione se dà libertà di culto?
Quella statuale è una “tolleranza dimezzata”. Lo Stato ci lascia di liberi di essere buddisti o cattolici, atei o ebrei ortodossi, musulmani o agnostici, ma su una cosa non transige: dobbiamo essere cittadini. Nel rapporto con lo Stato il cittadino-suddito (che è suddito perché non può sottrarsi alla propria condizione) non deve soltanto pagare le imposte e obbedire alle decisioni del ceto politico, ma soprattutto deve in qualche modo accettare i dogmi, i riti, le mistificazioni e le rappresentazioni sacre che lo Stato costruisce attorno a sé. Le cosiddette “celebrazioni” dei 150 anni dall’unità ne sono state una prova evidente.
Già dopo la Rivoluzione francese Tocqueville si era accorto che l’apparato statale e burocratico era diventato più imponente. La vittoria contro l’Assolutismo ha quindi posto le basi per una maggiore concentrazione del potere?
In larga misura è così. La nuova situazione aperta dalle logiche rivoluzionarie ha avuto alcune conseguenze: centralizzazione, spersonalizzazione, rappresentazione. Questi cambiamenti hanno permesso, nel corso dei decenni, che i nuovi governanti finissero per disporre in maniera ancor più significativa dei loro sudditi. Qui non si tratta evidentemente di rimpiangere l’ancien Régime, ma di sottolineare che, se gli antichi sovrani secenteschi potessero tornare in vita, sarebbero pieni di ammirazione di fronte al controllo minuzioso e tendenzialmente totalitario che gli Stati post-rivoluzionari sono riusciti a predisporre.
Ma se ora c’è lo Stato e prima c’era l‘Assolutismo, c’è mai stato un periodo storico in cui individui e libertà erano maggiormente garantiti?
La storia della libertà è una storia difficile da tracciare. Nel libro mi sforzo di mostrare come alcune libertà siano state meglio tutelate in taluni periodi e altre in altri. È però vero che l’ordine giuridico medievale, benché presti il fianco a molte e motivate critiche, avesse quanto meno il vantaggio di avere evitato ogni concentrazione del potere. La frammentazione istituzionale e la sovrapposizione dei livelli giuridici ha creato uno spazio di libertà che ha visto emergere il capitalismo e che ha aiutato enormemente gli europei a sviluppare scienza ed economia.
Il pensiero di tradizione comunista, che ha criticato lo Stato partendo da basi puramente economiche, si è poi a sua volta trasformato in una religione. È una tendenza del potere in generale quella di acquisire caratteri religiosi?
In qualche modo sì, perché ogni potere ha bisogno di legittimarsi e non esiste una forma di legittimazione più potente. Bisogna sempre tenere a mente quanto sia innaturale il fatto che alcuni uomini sottraggano sistematicamente risorse ad altri uomini, o il fatto che alcuni costringano altri a obbedire, a combattere, a credere in taluni principi. Per realizzare tutto questo la classe politica deve controllare la violenza, ma deve soprattutto penetrare nei cuori. Ecco perché è così frequente ritrovare elementi di “religiosità civile” nella retorica posta a protezione delle nostre istituzioni, che pure si dicono “laiche”.
Una obiezione al suo ragionamento: in questo momento, si pensi alla situazione attuale dell’Italia o della Grecia, gli Stati perdono potere a favore degli organismi internazionali senza nemmeno opporre troppa resistenza. Sta crollando la teologia che sorregge lo Stato?
La nostra situazione è paradossale. Di fatto lo Stato sta entrando in crisi, ma noi non riusciamo a concepire la vita sociale al di fuori delle sue logiche, con il risultato che gli organismi internazionali rischiano di riprodurre – e per giunta a un livello potenziato – i vizi della statualità. Tra l’altro lo Stato sorge essenzialmente alla periferia dell’Europa (Sicilia, Francia, ecc.) e nasce dalla sconfitta del tentativo imperiale. Ciò che non riuscì all’imperatore fu invece ottenuto dai re. Ora il rischio è di vedere i nuovi sovrani cartellizzarsi in un edito e minaccioso Impero.
Vista la sua tesi, la maggior parte dei liberali classici e dei libertari ha forse sbagliato nel pensare di poter condurre una lotta al potere statale che fosse solo di tipo economico?
Mostrare l’irrazionalità e di conseguenza il carattere fallimentare dei sistemi economici sociali organizzati dall’alto – in vario modo regolati, pianificati, programmati – è importante. Ma ritengo che un liberalismo consapevole debba cercare di comprendere per quali ragioni il potere è tanto forte e perché, in una nuova versione della “sindrome di Stoccolma”, molte vittime sono così innamorate dei propri carcerieri. Un liberalismo dei diritti che non poggi in qualche modo sul riconoscimento della trascendenza dell’altro – del valore assoluto del prossimo – è destinato prima o poi a dissolversi.
 
pubblicata in origine su Fare Italia Mag all'indirizzo:
Per gentile concessione dell'autore

lunedì 5 dicembre 2011

Lo spread

di Raffaele Terlizzi

Per spread si identifica una differenza tra un prezzo ed un altro. Quando si parla di spread tra BTP e Bund tedesco, altro non è che la differenza del rendimento tra i 2 titoli. Questa differenza è un indice di quanto sia sicuro il debito. Viene presa la Germania come riferimento perchè i suoi tassi sono i più bassi.
Gli stati si finanziano emettendo obbligazioni (BTP, BOT, CCT). In questo caso prenderemo in esame il BTP. Il BTP (Buono Pluriennale del Tesoro) viene emesso dallo stato attraverso delle aste pubbliche.
Io stato chiedo un prestito di un miliardo di euro, te lo restituisco tra 10 anni e ti pago un interesse del 4% ogni anno. Per convalidare questo contratto lo stato emette il Buono Pluriennale del Tesoro.
Il detentore del buono ogni anno riceverà l'interesse pattuito. L'interesse che paga lo stato è fisso per i prossimi 10 anni. Io che detengo il btp posso avere necessità di rientrare del capitale investito, non posso richiederlo allo stato prima di 10 anni e quindi mi rivolgo al mercato. Il mio BTP verrà quindi comprato da qualcuno che invece gli avanzano dei soldi e vuole investirli. A quale prezzo verrà effettuata la transazione? Ai prezzi del mercato. Qui intervengono gli spread. Se il mercato fa calare il prezzo del BTP (quindi il capitale investito) io riceverò un interesse maggiore. Lo stato continua a pagare il 4% del capitale ricevuto. Io ho comprato 100 e rivendo a 98, ho perso il 2% del capitale. L'acquirente riceverà l'interesse del 4% di 100 ma su un capitale investito di 98.
Lo spread quindi si applica solo al mercato secondario. Lo spread è un indicatore del rischio del paese. Maggiore rendimento = maggiore rischio. Lo spread non influenza minimamente i tassi di interesse che lo stato paga per le le obbligazioni già emesse. Ma solo le prossime in maniera indiretta. Alla prossima asta lo stato dovrà aumentare i tassi di interesse per poter invogliare gli investitori a correre il rischio su di se.

domenica 4 dicembre 2011

Tagliare gli stipendi pubblici

di Gionata Pacor

Ho calcolato che se si riducesse del 50% la parte che eccede i 50.000 euro degli stipendi pubblici (ad es. chi guadagna 60.000 prenderebbe 55.000), lo Stato risparmierebbe 3.25 miliardi di euro l'anno. Sarebbero toccati quasi 260.000 dipendenti pubblici (solo quelli con stipendi sopra i 50.000 euro, appunto).